La vita sessuale di Kant, Jean-Baptiste Botul, Il Melangolo, Traduzione di Emanuela Schiano di Pepe
Un ‘divertissment’ pubblicato in Francia nel 1999 che qualcuno ha preso sul serio. Qualcuno ha cioè creduto che Jean-Baptiste Botul fosse davvero un filosofo vissuto fra il 1896 e il 1947, “personaggio controverso, misterioso” secondo il risvolto dell’edizione italiana de La vita sessuale di Kant a cura della casa editrice “il melangolo” (traduzione di Emanuela Schiano Di Pepe). C’è cascato il noto trombone Bernard-Henry Lévy, per dire.
Il filosofo misterioso, interprete eccentrico di Immanuel Kant, è invece un’invenzione di Frédéric Pagès, giornalista satirico che del libro (suo) si spaccia per curatore, e tenta attraverso il fantasmatico Botul una lettura antiaccademica del filosofo tedesco. Botul – secondo la finzione non esplicita del volumetto – tenne una serie di conferenze in Paraguay nel maggio del ’46, tese a mostrare come la vita sessuale di Kant fosse intrinsecamente legata alla sua filosofia.
Vero che nel complesso la biografia di Kant non lascia tracce di avventure formidabili. Tuttavia, dal punto di vista dell’ermeneuta che cerca di interpretarlo non mancano i punti d’interesse. Nelle scelte private, anche sessuali, compresa quella di rinunciare a una vita erotica, secondo Botul è possibile insomma trovare le matrici di un pensiero filosofico. Se a Nietzsche l’assunto non sarebbe suonato scandaloso, più divertente invece risulta applicarlo a un uomo che tiene il corpo molto ai margini dalla discussione filosofica. Il celibato in particolare, che di questa vita monocorde è un po’ il simbolo, non solo “è parte integrante dell’essenza stessa della filosofia” ma in Kant trova la sua cifra simbolica definitiva.
Come coniugare la dottrina delle categorie a priori e quella dell’imperativo morale con le pulsioni sessuali? Peraltro – sostiene Botul –, la scelta del celibato in un filosofo dovrebbe essere più la norma che l’eccezione (l’acuta Eloisa lo ricordava all’intemperante Abelardo, prima di Pascal, Spinoza, Hobbes eccetera – i più).
Per non correre rischi, quanto al fastidio delle incombenze quotidiane, Kant si avvalse dei servizi di un uomo tuttofare piuttosto che di una governante. Nemmeno amanti volle per sé – la prudenza era un metodo. Ciò non toglie che egli fosse un uomo meno refrattario ai piaceri della vita di quanto non dica la vulgata. Non disdegnava il cibo, le piacevoli passeggiate, la conversazione: purché moderatamente. Non era contrario alla sessualità in linea di principio, ma preferiva astenersene, con ciò facendo il contrario dei molti “che predicano la castità ma praticano i piaceri della carne”. Il kantismo nella lettura di Botul è una maniera di vivere più che una dottrina. L’ascesi in questo caso non sarebbe il frutto avvelenato della mortificazione, ma addestramento, disciplina. Kant del resto aveva da fare con una lotta già aspra di suo: l’elenco di disturbi da lui sofferti sarebbe lungo.
Era un ipocondriaco, affezione che in potenza contempla tutte le altre. Ma si controllava – la misura in Kant è un paradigma. Malinconico ma senza darlo a vedere, Kant risulta sospettoso verso le fumisterie, teme di esserne vittima a sua volta, le visioni di uno Swedenbog lo mettono a disagio, essendo un razionalista, ma non si sente mai al sicuro: ha paura della notte, Kant, dei sogni, dell’alienazione. Il sesso per lui quello è, infine: un pericolo. E tenersi lo sperma dentro aiuta la salute, la rafforza. Aiuta persino il ragionamento. Nessuno spreco, anche la masturbazione è bandita, secondo Botul – qui, qualcuno avrebbe da ridire. Chissà se Kant aveva mai sentito parlare di kundalini yoga! Il sesso è come il sublime (nessuno ha descritto la sfera del sublime meglio di Kant). Ci mette a rischio, la sua potenza è sovrumana, ci trascende. I paesaggi vertiginosi, i vulcani, gli uragani, le montagne enormi, gli oceani immensi. E la vulva, cavolo la vulva per Kant è una roba che solo a pensarci, dio mio, la sua intera filosofia ne uscirebbe distrutta. Il sublime unito all’osceno, sarebbe stato davvero troppo, per un tranquillo ma non del tutto pacificato professore prussiano, paziente, meticoloso, ordinato. “Una bomba pronta a esplodere” alle prese con la rivelazione del Noumeno, la cosa in sé – indovinate quale. Non aveva diritto di difendersi e tenersene alla larga, poverino?
Michele Lupo
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